oscena

Raro che ricordi i sogni della notte, solo gli incubi lasciano uno strascico nel giorno. Ho sognato di lei stanotte. Della donna che mi ha messo al mondo. Ecco perché un’angoscia sottile mi crepa il cuore. Cerco di non pensarci ma non ci riesco. La prima cosa che mi viene in mente di lei sono le parole che mi urlava dalla cucina mentre io mi schiacciavo il cuscino in testa per non sentirla. Inutile. Quelle parole oscene e brutali che vomitava da quella bocca sottile con gli angoli piegati in giù non andranno più via, sono impresse li dove fa più male. Un viso d’angelo il suo, tanto bello quanto fasullo. Devo averla chiamata mamma solo quando ero molto molto piccola e credevo che il suo fosse amore. Poi semplicemente ho cominciato a chiamarla per nome. Anna. Un nome da angelo. Oscena. Ecco cosa so della donna che mi ha messo al mondo e che non è mia madre. Nessuno figlio o figlia dovrebbe mai pensare una cosa del genere. Mai.

E avanti…

fatica e sassi

Di neve ormai ce n’è poca anche su in alto, il vento l’ha spazzata via. Si arranca seguendo la traccia in mezzo alle pietre scure che emergono dal bianco. Le Dolomiti non sono solo calcare, ti sorprendono anche così, rocce vulcaniche colorate di licheni. Giorno terso, sole caldo, anche troppo. Le gambe tengono e il fiato anche. Tanto silenzio, solo gli sci che frusciano. Queste uscite durante la settimana sono belle perché non c’è nessuno in giro, è tutto nostro. Più si sale più i pensieri si impastano con la fatica. Sono sotto pressione, ma sono tranquilla, più di così non posso fare, vada come vada. La pendenza si ingentilisce e siamo già in cima.  Tè caldo e cioccolata a ristorarci mentre gli occhi fanno una panoramica a 360°. Scherzo sull’unica nuvoletta temeraria che percorre il cielo completamente pulito. Ormai non è più del cobalto dell’autunno, l’inverno lo slava e lo stempera in un celeste pallido e freddo. La linea delle montagne è nitida, non riesco a ricordarne tutti i nomi, ci vuole la cartina. La ferita sulla Civetta si vede bene da qui, sembra quasi che sanguini ancora tanto è profonda. La dolomia cede al tempo e i profili si usurano. Ti dicono stai saldo come una roccia, ma non è mica vero. Ora viene la parte più ardua, via le pelli e giù, con precauzione schivando i sassi. Sono in difficoltà, non riesco a fare una curva decente, anche se ho visto neve peggiore. Cado e mi rialzo, cado e mi rialzo. Pago l’inesperienza. Un po’ mi scoccio perché non riesco a far girare gli sci come voglio io, non trovo il ritmo. Ancora non ho sentito quel click, quando gli ingranaggi si allineano e cominciano a giare giusti, quando smetti di pensare a come fare tutti i movimenti e li fai e basta. E ti diverti. Certo mi dico che da zero a questo in un anno non è da tutti, mi ripeto ancora e ancora il motivo per cui lo faccio e non è un passatempo. Giù! Tesa e concentrata. I quadricipiti bruciano, gli sci vanno dove vogliono loro. Cado e mi rialzo. Arrivo in fondo che il collega si sta già togliendo gli scarponi. “Brava La!” mi dice e io lo guardo in tralice, ma sorridendo: “Dimmi che che un giorno mi divertirò un mondo a fare questo!” Lui sembra soddisfatto lo stesso ed esclama: “Siiiiii….ne sono sicuro! adesso stai seminando…vedrai!”

Dicono anche che dai sassi non vien su niente. Io ho seminato lo stesso.

Staremo a vedere…

dai sassi

I’m on my road

Quando tossisco sento tutto che scricchiola e la testa che rimbomba. Oggi sono un po’ rotta, un po’ stanca e molto in pace. L’esame è andato ed è andato alla grande. Nonostante tutto, come sempre. Nel farmi l’in bocca al lupo W. mi sente piena di raffreddore mi fa: “Ma è perfetto! Tu più sei nella merda, più rendi!” e non posso certo dargli torto, mi conosce bene. E’ il mio mestiere,  è quello che so fare meglio. Poi c’è da dire che il tempo è stato buono, faceva quasi caldo al sole e questo mi ha aiutato molto. Mi aspettavo quasi di sentirmi euforica per questa mia piccola impresa. Ci lavoro da un anno, lavoro sodo spostando i miei limiti sempre un po’ più in là. Ridisegnandomi e reinventandomi o meglio tirando fuori me stessa, la parte buona di me, da una crisalide pesante stratificata in anni di dura lotta contro i mulini a vento e passi falsi. Eppure non c’è esultanza, c’è una tranquillità potente ovattata dalla febbre che mi fa sentire al mio posto, sulla mia strada. Questo è solo un passo dei tanti, non meno importante di quello di ieri o di quello di domani. Solo l’inizio di un percorso nuovo, di fatica da fare ce ne sarà ancora tanta, limiti da scavalcare a piè pari ancora molti, il bello viene adesso. “Sono fiero di te” mi dice abbracciandomi forte, quelle spalle larghe che non sono più mie. Mi guarda come se fossi un alieno, gli occhi che luccicano. E come lui tanti che hanno avuto fiducia in me, ci hanno creduto, mi hanno aiutato e dato la possibilità di crescere. Grazie di cuore. Grazie. Non mollerò mai, per me, per voi, per chi raccoglierà i frutti dei miei sacrifici. Come è strana la vita, sarebbe bello poter mischiare il tempo, mettere un prima dopo e un dopo prima, così tanto per vedere come sarebbe stato diverso se. Sono solo elucubrazioni sonnolente, quello che importa davvero è l’oggi che diventa domani, continuamente. Ecco cosa penso mentre me ne sto ancora a letto a poltrire, mentre le campane della chiesa suonano lontane e mentre fuori l’autunno si incendia di colore. Oggi me lo concedo un po’ di riposo, me lo sono meritato. Devo guarire bene prima di rimettermi il viaggio verso strani nuovi mondi…

lunga vita e prosperità

Spazio. Ultima frontiera…

se sei in ballo…

precipizio

Se sei in ballo, allora balla di gusto! Se non sai ballare ascolta il tuo cuore per darti il ritmo. Se non batte abbastanza forte per sentirlo, danza sul filo dell’impossibile, riempilo di emozioni, di adrenalina. Lascia che martelli nello sterno, segui lo swing, fai che diventi rock. Che importa se è troppo difficile? Lasciati trascinare nel vortice. Ormai sei in ballo…allora continua a ballare come sai fare solo tu! Inventa, immagina, esagera, fregatene di chi ti guarda, butta all’aria la paura, entusiasmati. Contagiali tutti quelli che ti dicono no non è per te, no non ce la farai mai. Perché tu e solo tu lo puoi dondolare sul quel filo sottile tra l’im-possibile e il possibile. Solo tu sei il mago, il funambolo, il domatore di farfalle e uragani. Vivi come se non ci fosse un domani, immortale per un minuto soltanto. Sii la gloria e il peccato. Angelo custode e Demone guardiano. Il visionario e la sua visione. La benzina sul fuoco. Fai le piroette con la sfiga e sputale in faccia. Seduci le malelingue e zittiscile con uno sguardo strafottente. Fai l’occhiolino alla cattiva sorte che non ti ha mai abbandonato e abbandonala tu. Tu sei la tua musica e già che ci sei suonala col volume a tuono. Fai che quando la festa sarà finita, tu sarai l’unico rimasto in piedi. Il sorriso dipinto in faccia, radioso come un campo di girasoli. Se sei in ballo, balla fino in fondo.

sul filo dell'impossibile

http://www.youtube.com/watch?v=6MECNWx8quE

fuori luogo

Maledetto fb. Accuso il colpo a tradimento senza capire bene dove mi fa male. Sono stordita. All’inizio dico ma no, guardo cerco ancora, no c’è solo quella foto del matrimonio del suo batterista. Lui le cinge le spalle con il braccio, lei la testa inclinata verso di lui. Il linguaggio del corpo parla chiaro, conosco quel gesto. Sono tutte coppie, la sposa e lo sposo al centro raggianti, tutti sorridenti e felici come di rito. Un dolore sordo pulsa da qualche parte dentro, ma distante, sento che monta come la marea. Perché mi dici sì se stai con un’altra donna? Dopo 12 anni insieme e tutto quello che c’è stato dopo, perché mentirmi ancora? Ti avevo solo chiesto di tenere una copia della chiavi di casa mia, nel caso mi succedesse qualcosa, per i gatti e tutto il resto. Con quello che faccio che mi succeda qualcosa può capitare, è un attimo. Tu sei l’unica persona a cui potevo lasciarle, sono troppo lontana da tutti per pensare a qualcun’latro. La fiducia. Ora capisco la tua reticenza, il mio istinto mi aveva avvertito. No adesso non ci voglio pensare. Chiudo la pagina e ne apro un’altra, un nuovo progetto che chissà dove mi porterà. Scrivo di getto, un po’ per distrarmi, un po’ per andare oltre anche se so che cose così non si saltano a piè pari, bisogna saltarci dentro e affogarci per liberarsene. Clicco su pubblica, non è proprio come volevo io, non ci ho messo tutta la mia passione e mi dispiace, sono troppo stanca, ho bisogno di dormire le prossime due settimane saranno da panico.

Stamattina non riesco a svegliarmi, in testa mi girano due parole il loop: “fuori luogo”. La mia richiesta era fuori luogo, la mia fiducia era fuori luogo, io sono fuori luogo in questo mondo di paurosi che se la fanno sotto con niente. Questo mi fa incazzare, a saperlo mi sarei tenuta alla larga da questa ulteriore umiliazione, fuori luogo sì, ma per scelta. La marea sale ancora, si gonfia nel crepuscolo della tempesta in arrivo. Metto su il tè, do da mangiare ai gatti e sbriglio i pensieri. Bastava dirlo e pace. Parliamo di tutto e spesso, siamo amici, ci conosciamo come le nostre tasche, tutti gli angoli più bui e ci cerchiamo lo stesso. Almeno lo credevo. Perché questa omissione? Chi sa mentire, mente sempre vero? è come respirare. Io che ti conosco bene lo so quando lo fai, lo sento prima di capirlo. Ma poi anch’io mento a me stessa con la favoletta del ma no non è possibile. Che sono una bugiarda anch’io? Si lo sono. Bugiarda con me. Del tuo senso di colpa non so che farmene. E non dire che ci vogliamo bene, non bestemmiare. Non dire che non vuoi farmi soffrire. Taci. State zitti tutti, curiosi di me e morbosi. Indecenti e falsi samaritani. Mi date la nausea, la mia disponibilità non è un invito a banchettare sui miei sentimenti. Arrivano. Eccoli i gabbiani:

Non so dove i gabbiani abbiano il nido,
ove trovino pace.
Io son come loro,
in perpetuo volo.
La vita la sfioro
com’essi l’acqua ad acciuffare il cibo.
E come forse anch’essi amo la quiete,
la gran quiete marina,
ma il mio destino è vivere
balenando in burrasca.

Da quanto non mi veniva in mente questa poesia di Cardarelli. L’ho sempre adorata e respirata. La burrasca è qui ora, sgorga dagli occhi in lacrime calde e copiose. Non cerco nemmeno di asciugarle, raddrizzo la schiena e lascio che mi travolgano. Scivolano lungo le guance seguendo la linea del collo, si fremano in un piccolo lago nell’incavo della clavicola. Il dolore e la rabbia dilagano e di si espandono mentre io divento quiete in mezzo a tutto questo caos. Le mie ali assecondano i venti impetuosi e volo, volo lontano sfruttando la forza della rabbia degli elementi. Fuori luogo. Eccome se lo sono, fuori luogo. Da quando sono nata e non ho nemmeno cercato più di tanto di conformarmi. Ho solo fatto fatica a capire come vivere. Le lacrime si seccano da sole, gli occhi rossi tradiscono il pianto, ma poco male in fondo è lunedì. C’è dell’altro che cova lo so, tutto a tempo debito. Stai sulla tua strada tu. Io vado avanti. Vado fuori luogo. Come sempre.  E pace.

balenando

quiete

Storm

sono quiete nella tempesta

http://www.youtube.com/watch?v=yrokWXe0tfI

Someone else?

When I fell from grace
I never realized
how deep the flood was around me.
A man,whose life was toil,
was like a kettle left to boil,
and the water left scars on me.

I know now who I am,
If only for a while,
I recognize the changes.
I feel like I did before the
magic wore thin
and the “baptism
of stains” began.

They used to say I was
nowhere man,
heading down
was my destiny.
But yesterday, I swear,
that was someone else not me.

Here I stand at the crossroads edge,
afraid to reach out for eternity,
One step, when I look down,
I see someone else not me.

Looking back and I see
someone else.

All my life they said I
was going down,
but I’m still standing,
stronger, proud.
And today I know there’s
so much more I can be.

From where I stand at the crossroads edge,
there’s a path leading out to sea.
And from somewhere
deep in my mind,
sirens sing out loud
songs of doubt
as only they know how.
But one glance back reminds, and I see,
someone else not me.

I keep looking back
at someone else… me?

suona la campanella e il sogno si avvera

campanile

Non potevo chiedere di più, nemmeno immaginarlo. L’eco trasparente dei rintocchi della campana che balugina nella conca. Un’anfiteatro naturale di roccia e sogni. Sogni che maturano dentro altri sogni ancora più vasti. Sogni da cogliere e mangiare subito perché la fame è grande e di nutrirsi non c’è tempo abbastanza. Giorno di luce e roccia generosa sotto i polpastrelli. La pace dentro e il vuoto tutto intorno. Tintinnano e frusciano un’armonia bambina i rinvii e le corde. L’anima canta e mormora un grazie alla severa bellezza del Campanile.