reset

reset

Quando il pc non funziona come dovrebbe la prima cosa da fare e la più semplice è resettare. Non che sia arrivata allo stallo, alla schermata blu, no questo no, ma il sistema non gira più in modo efficace, anzi fa le bizze. Quindi occorre spegnere, ricaricare tutto, scegliere di disinstallare le applicazioni ora inutili, cestinare i dati obsoleti, fare una bella pulizia e deframmentazione del disco. Poi marcerà tutto meglio. Nella vita per certi versi è ancora più semplice. Certe persone si eliminano da sole senza tante paturnie, basta lasciarle andare. La mia memoria poi ha una capacità ridotta per cui tutto quello che è poco significativo finisce nell’oblio. L’aspetto più impegnativo consiste nel mettere ordine. Oggi ho aperto l’armadio e ho tirato fuori tutto, ma proprio tutto. Nel mio disordine mi ci ritrovo, ma quando il disordine si mischia alla roba vecchia che non uso più diventa caos incontrollato. Quindi era ora di metterci mano. Fuori piove a dirotto, l’acqua scroscia sulle tegole del tetto, diluvia che sembra non voler finire mai. E penso: se invece di gocce d’acqua fossero fiocchi di neve? ce ne sarebbe un metro da spalare, da giocare, da sciare! Grigio fuori, musica dentro. Musica così. Una tazza di tè fumante e vestiti buttati sul letto. Me ne sto con gli slip e il reggiseno davanti allo specchio provando un paio di jeans, larghi, troppo larghi, via anche questi… Mi rifletto in un immagine che riconosco solo in parte. Eppure non mi sento poi tanto cambiata, mi guardo e vedo ancora quella pupa rotondetta ed impacciata che ero. Quella a cui i jeans andavano stretti e a ginnastica faceva schifo. La stessa ragazzina stonata e cupa di quando avevo quindici anni e una donna che non sono ancora sicura di sapere chi sia. Una bambina vecchia o una vecchia bambina? Mi sembra di avere tutto il tempo del mondo e di non averne abbastanza per tutto quello che voglio fare. In fondo ho strappato fuori la parte migliore di me, o almeno lo spero, magari quella meno peggio ecco. Un po’ mi piace un po’ no, non so perché. Gli angeli mi annoiano mentre i diavoli si sa, hanno più gusto… Sarà che bisogna intorbidire un po’ le acque prima di vederci chiaro, smuovere energie cosmiche, purgare il negativo e distillare il positivo. Dubbi in quantità sconfinata e certezze una o due. Forse. So quello che mi lascio alle spalle, da dove vengo e la direzione di massima in cui sto andando, poi se il viaggio sarà breve o lungo, facile o tortuoso sarà solo da scoprire. Certo ci vuole il bagaglio giusto, né troppo pesante né troppo leggero. Compagni di ventura sulla quale si può contare e una sconfinata voglia di crederci. Durante quest’anno appena sublimato in un soffio ho imparato che non basta solo lavorare tanto, devo lavorare meglio e divertirmi di più nel farlo. Un altro specchio impietoso è la vita di chi mi è stato vicino e di chi mi è stato lontano, come è cambiata e come è rimasta uguale. La velocità non è mai la stessa. C’è chi corre come me e chi non pare nemmeno muoversi, ma quando questi li vedi fare un salto avanti allora mi domando se con tutta la mia irruenza non sia più saggio a volte lasciare che le cose accadano con i loro tempi, invece di forzare per farle accadere prima e senza risultati. Ecco quella scatola blu però non la posso proprio aprire, sbircio dentro appena un barlume di vecchie foto e lettere dalla calligrafia anche troppo familiare e richiudo subito. I vecchi backup stanno bene dove stanno, si recuperano solo se serve. Mi guardo attorno e sembra che sia scoppiata una bomba. Non so se dormirò stanotte, il letto è pieno, il divano pure e continuo a girarci attorno. Un sabato sera alternativo. Meglio che vada avanti, ho un po’ di scheletri nell’armadio da cestinare e a ben pensarci ci vuole anche una scansione con l’antivirus, non si sa mai.

nel torbido

Ho sognato di vita trafelata, distratta, di pretese urgenti e squallide, di corpi usati, abusati e sperimentati, di indifferenza, di abbandono.

Ho sognato e mi sono svegliata con l’amaro in bocca della verità.

Che la paura non dorme mai. Ma io sì. E la sogno.

occhi

Non devo abbassare la guardia. Dormire sempre con un occhio aperto. Sempre all’erta.

profumo di mughetto e pannocchie rubate

pannocchie e arcobaleno

Lo so che non sta bene, che non si aprono le bottiglie di ammorbidente per sentire il profumo, lo so che non si fa, ma è che non mi fido di quello che scrivono sull’etichetta e devo provare da me. Stappo detersivi e shampoo senza ritegno pensando che prima o poi mi cacceranno, ma che importa. Passo dalla fragranza campanula selvatica e bergamotto alla più classica lavanda finché arrivo alla terra promessa del reparto cosmetici e profumeria. Qui non mi contengo più, perché adoro ficcanasare, nel vero e proprio senso di metterci il naso, finché non mi vanno in tilt i recettori olfattivi. Di solito lascio perdere i profumi di marca vado dritta allo scaffale con tutte quelle linee che della stessa essenza fanno sia bagnoschiuma che la crema per il corpo, con tutta una serie di allettanti tester a mia disposizione. Muschio bianco, agrumi, rosa, fior di loto, vaniglia, peonia e…mughetto. Il mughetto lo evito di norma, so che non devo, mi fa male, ma presa dall’euforia decido di provarlo lo stesso su un cartoncino e lo annuso con cautela. Inspiro lentamente, le molecole odorose si espandono e si trasformano da profumo in ricordo.

A rebours.

Sapeva di mughetto la mia nonna, sapeva di mughetto quando mi abbracciava sulla soglia della veranda. Non mi abbracciava spesso e questo mi rendeva ancora più prezioso il suo gesto, quello era l’unico posto in cui stavo al sicuro, in cui mi sentivo a casa circondata di tutto l’affetto di cui una ragazzina segnata avrebbe avuto bisogno. Così mi ritrovo piccolina a casa della nonna. Lei sferruzza velocissima senza guardare, io sul vecchio divano un po’ sfondato, il Tigre che dorme fisso vicino alla stufa a legna. La moka del caffè comincia a borbottare, si spande il profumo del caffè, del suo “cecè”, allungato con acqua e tre cucchiaini e mezzo di zucchero in una tazzina grande con i fiori. La Tv da l’ennesimo episodio dell’A-Team e per merenda ha detto che prepara la pizza, meglio di così! Ogni tanto mi perdo ad osservare la velocità con cui fa la maglia, tic-tic, tic-tic, tic-tic…Guardavamo il film dell’orrore insieme la sera quando mi fermavo a dormire da lei e poi cercavo mostri tentacolari sotto al letto col cuore in gola prima di tuffarmi sotto le coperte. Verso la fine dell’estate poi andavamo a rubar pannocchie nei campi, giusto un paio solo per noi da arrostire e mangiare con un po’ di burro sopra. Era una nonna particolare e speciale sì, ma proprio tanto. E quando mi abbracciava sapeva di mughetto, come le saponette che la sorella le portava dalla Svizzera. Che donna lei e quanto coraggio tutta da sola, con un segreto così terribile che l’ha portata alla tomba. Un segreto che solo io avevo intuito e capito. Ho chiesto aiuto e non sono stata ascoltata, la solita Cassandra guastafeste. E poi lei se ne è andata portandosi dietro tutto il mio mondo di bambina, tutto quello che di bello e buono potevo avere in quegli anni bui e strazianti.

Ho le lacrime agli occhi quando mi rendo conto di stare ancora davanti a uno scaffale multicolore. In una mano un cartoncino che sa di ieri e nell’altra il telefono che ogni tanto trilla piano e mi lega a qualcuno che è lontano, eppure incredibilmente vicino. Oggi un’aquila vola alto e veglia su di me. Faccio un bel respiro, caccio indietro la nostalgia lancinante in bilico sulle mia ciglia, mi rilasso in un sorriso solo per me e per chi non mi può vedere, ma solo immaginare. Che non sta bene commuoversi come non sta bene fiutare gli ammorbidenti. Così finisco il mio giro ed esco. Il temporale è passato, pioviggina appena, l’aria lavata e limpida fa quasi venir voglia di sperare. Nuvole e nuvole, immacolate e torbide ancora si fanno la guerra verso le montagne. Sto tornando a casa in auto quando mi devo fermare, taglio per una stradina per i campi e scendo. Incantata. Rapita dal sortilegio di un arcobaleno gigantesco. Un semicerchio perfetto di colori effimeri. Acqua e luce. E penso che nulla è per caso se l’anima è libera di cogliere  significati, anche i meno scontati. Tenere il volume della percezione al massimo è una scelta terribilmente dolorosa, ma se così non fosse andrebbero perse anche tutte le delizie, le sfumature e i sincronismi meno evidenti. Ci sono fili sottili come tela di ragno che uniscono mondi distanti nello spazio e nel tempo, solo uno sguardo dall’angolazione giusta ne rivela il riflesso alla luce del sole.

3 cose 3 + 1 + 1

rain

  1. Dopo una giornata davvero pessima rinchiusa nella gabbia (leggi ufficio), esco e cammino lentamente verso l’auto sotto il temporale, senza ombrello e senza la minima fretta. Godo delle gocce calde nei capelli e sulle spalle, mentre la maglietta si appiccica alla pelle e respiro l’odore dell’asfalto bollente appena bagnato dalla pioggia. Assolutamente magnifico.
  2. Sono in fila alla cassa del supermercato e una bimbetta bionda e riccioluta  mi si aggrappa al carrello. Ciao! le faccio, e questa mi guarda da sotto in su con un espressione tra il perplesso e il bellicoso. La madre le dice no no no lascia stare non è il nostro! mentre questa se ne infischia. Ecco quell’aria di sfida lì mi ricorda qualcuno. Tipo io da piccola. Mai stata bionda e mai stata riccia, però le suore all’asilo e la mia omonima che mi stava antipatica solo per via del nome le squadravo proprio così!
  3. Mai assaggiato lo zenzero, ne taglio un piccolo pezzetto col coltello. Annuso e non mi dice niente, allora ci appoggio la punta della lingua e wow! è pungente, fresco e strepitoso!

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  1. Il ghost-climber mi ha proposto un ghost-coffee e qui gatta ci cova, ma questa è un’altra storia…

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  1. Singing in the rain mi fa sempre venire in mente il Latte +

365 qualcosa e biscotti al cioccolato

E’ passato un anno più o meno. Anzi volato. Ricordo come ero un anno fa, vedo come sono adesso e mi vengono i brividi. Brividi buoni intendo. Ogni rugginoso passo fatto in una direzione ben precisa si è trasformato in un qualcosa, poi tutti questi qualcosa diventeranno un risultato e sono appena all’inizio. Quanti inciampi e quanti sgambetti, quanta fatica, ma eccomi qua, in ballo a ballare! Ero in frantumi quando ho ricominciato a scrivere qui, e ora…ora sono la donna che non sono mai stata. Quella che avrebbero dovuto insegnarmi ad essere i miei genitori, quella che voglio continuare a crescere con le mie forze, quella di cui vado fiera nonostante tutte le mie debolezze, per il mio non arrendermi mai. Allo stesso modo anche questo spazio si è evoluto insieme a me. In questo ultimo periodo poi mi sto domandando fino a che punto condividere la mia vita qui, se restare in una tenera penombra o lasciarmi bruciacchiare dal sole, io che ho la pelle troppo chiara, oppure continuare così, ad istinto. In realtà ho scritto di sciocchezze incommensurabili e di momenti molto intimi e profondi, senza sentirmi vincolata a niente se non al desiderio di esprimermi del momento. Forse perchè sono fatta anche così, una tavolozza di colori primari e sfumature inattese. Mi preparo al peggio mentre spero per il meglio sempre, rido di me e delle mie disgrazie, mi arrabbio per le ingiustizie, mi emoziono per l’infinitesimo, sogno con un’intensità così tangibile da generare realtà. Questo è il sentiero su per il quale sto arrancando, un sogno che sta prendento forma e caratterizza la mia vita in modo sostanziale, ma sono comunque restia a parlarne. Si dice che certe cose si fanno e non si dicono e sono assolutamente d’accordo, ma come essere me stessa se non posso esprimerle? Ci giro attorno, parlo d’altro, vorrei ma… Che faccio? Ok ci penso meglio. Intanto mi rivolgo a voi che siete stati chi più chi meno e a modo vostro miei compagni di viaggio. Prima di tutto GRAZIE DI CUORE. Mi avete fatto riflettere, crescere, imparare, commuovere, ridere e sorridere tanto. C’è stato chi non sono riuscita a capire e chi non mi ha capito. Chi è stato uno specchio, chi un muro di gomma. Chi ho ferito senza volerlo e chi mi ha fatto davvero male. Chi è arrivato ed è rimasto, chi se ne è andato sbattendo la porta, chi è semplicemente sparito, chi mi ha intimato il silenzio e chi mi ha detto ti amo. Chi ho aiutato e chi mi ha aiutato. Chi mi legge di nascosto e chi si è dimenticato di me. Chi mi vuol bene davvero, chi è curioso e basta, chi ha giocato con me, chi mi ha preso sul serio. Chi mi conosce di persona e chi mi manda il buongiorno ogni mattina pur non avendomi mai visto. Tutti voi siete nei miei pensieri ormai da tempo quando il tempo non mi basta neanche per leggervi. Di questo mi dispiaccio davvero perchè mi perdo il vostro progredire e poi devo rimettermi in pari con le vostre vite, ma non è lo stesso che seguirvi giorno per giorno. Voi che a modo vostro fate parte della mia vita. Beh io ci sono comunque, un po’ a singhiozzo, un po’ in parallelo fuori di qui e dentro un allegro mare di guai. Abbiate pazienza con me. Qui siete i benventuti, sentitevi a casa, siate voi stessi. Scusate il disordine, è patologico. Mettetevi comodi come a casa vostra, tirate pur su i piedi sul divano. Anche se ogni tanto sono via lascio la porta aperta. E poi torno presto. ^_____^

Non so voi…ma a me è venuta voglia di biscotti al cioccolato, dai che metto su il tè…

tea time

o preferite forse il caffè?

buona la decima

La fiducia è tutto, viene prima dell’amicizia (quella vera), viene prima dell’amore (quello vero). Il resto son belle balle che ci raccontano come le favolette della buonanotte “Dormi bambino mio ti proteggo io…”, o peggio che ci raccontiamo noi solo perché abbiamo bisogno di credere in qualcuno o qualcosa che sazi qualche baratro incolmabile dentro di noi. La fiducia è un atto di pura fede che parte dal cuore e dalla pancia, come dire mi butto da un trampolino di cinque metri senza sapere se sotto c’è acqua o cemento. Ho fede che non mi farò del male, che tu non mi farai del male, che tu sarai acqua e non cemento. Magari sembri cemento e non lo sei, oppure sembri acqua e non lo sei, le apparenze si sa ingannano e a volte si divertono pure a sviarti con torridi miraggi. Ma come lo puoi sapere prima se non provi? Certo un po’ te ne stai lì, un po’ più indietro rispetto al bordo a valutare la situazione che guardar giù ti vanno le gambe in pappa, ma non puoi stazionarci in eterno e tornare indietro arrivati fin a tanto è impensabile. Allora vai, spegni il cervello, apri le ali e ti butti! Puoi allora eseguire più spettacoloso salto mortale e mezzo rovesciato con tre avvitamenti della tua vita e infilarti in acqua senza uno spruzzo, come carpiare male sul fondo a piastrelle della piscina senz’acqua e fracassarti le ossa in mille schegge, restarci secco o paralizzato dal collo in giù. Ho visto acque terse e bellissime rivelarsi trabocchetti di lance avvelenate alla Indiana Jones; più raramente, anzi quasi mai, un muro di pietra sciogliersi nelle placide acque di un laghetto montano, se così accade sono amicizie che durano per la vita. Fosse facile lanciarsi nell’incognita, ma se sei vivo davvero lo fai e basta. Di zombie e finti pagliacci tristi ne è pieno il mondo, di quelli che ti dicono ti amo come se mangiassero popcorn al cinema guardando l’ultimo cinepanettone, di quelle che ti dicono sei la mia migliore amica e poi si fottono tuo marito, di quelli che ti dicono sì sì tranquillo e poi ti fan sicura mentre vai da primo fotografandosi il muso per postarlo su facebook mentre arrampicano. Che importa quante ossa ti hanno spezzato prima e che importa se te le spezzerai ancora. Abbi fede in te stesso prima di tutto, che saprai riaggiustarti e rialzarti sempre e comunque, che il male si sopporta e poi passa, tanto il peggio del peggio lo hai già passato, sei sopravvissuto e ora sei ancora più in salute di prima. La fiducia è tutto, anche se 9 volte su 10 è una gran fregatura…e io me ne frego della fregatura e vado in cerca della decima…di quel limpido laghetto nascosto fra le montagne che mi struggerà l’anima e non vorrò altro che bruciare nelle sue acque gelide. 

burning in water drowning in flame

Amen.

ed è subito primavera

bucaneve

Un piccolo dono in questo oggi laborioso e macchinoso, un baluginio di bianchi boccioli che timidamente fanno capolino dal bordo della solita strada. Il sorriso si distende in un sospiro. L’aria è buona, dolce come il profumo di un bambino piccolo cullato nel sonno.

To a Stranger

Passing stranger! you do not know longingly I look upon you,

You must be he I was seeking, or she I was seeking, (it comes to me as of a dream,)

I have somewhere surely lived a life of joy with you,

All is recall’d as we flit by each other, fluid, affectionate, chaste, matured,

You grew up with me, were a boy with me or a girl with me,

I ate with you and slept with you, your body has become not yours

only nor left my body mine only,

You give me the pleasure of your eyes, face, flesh, as we pass,

you take of my beard, breast, hands, in return,

I am not to speak to you, I am to think of you when I sit alone or wake at night alone,

I am to wait, I do not doubt I am to meet you again,

I am to see to it that I do not lose you.

Walt Whitman

Sconosciuto che passi! tu non sai con che desiderio ti guardo,

Devi essere colui che cercavo, o colei che cercavo (mi arriva come un sogno),

Sicuramente ho vissuto con te in qualche luogo una vita di gioia,

Tutto ritorna, fluido, affettuoso, casto, maturo,

mentre passiamo veloci uno vicino all’altro,

Sei cresciuto con me, con me sei stato ragazzo o giovanetta,

Ho mangiato e ho dormito con te, il tuo corpo non è più

solo tuo né ha lasciato il mio corpo solo mio,

Mi dai il piacere dei tuoi occhi, del tuo viso, della tua carne,

passando, in cambio prendi la mia barba, il mio petto, le mie mani,

Non devo parlarti, devo pensare a te quando siedo in

disparte o mi sveglio di notte, tutto solo,

Devo aspettare, perchè ti incontrerò di nuovo, non ho dubbi,

Devo vedere come non perderti più.